L’invasione del coronavirus era stata predetta da una celebre sensitiva e veggente americana. Sì, tutto vero. Nel 2008 la medium statunitense Silvia Browne, poi deceduta, scrisse un libro di profezie dal titolo un po’ inquietante, “End of days“, tradotto in italiano la fine del mondo. Nulla di apocalittico però.
La Browne ci rassicura, nella sua opera, che la fine del mondo non è affatto vicina, non è ora non è dei prossimi anni.
Ma, udite udite, la veggente formulava una previsione che oggi fa venire i brividi; diceva, infatti, che intorno al 2020 sarebbe diventata prassi comune in tutto il mondo girare con mascherine e e guanti, perché si sarebbe diffuso un virus polmonare, piuttosto refrattario alle cure, che avrebbe attaccato polmoni e bronchi. Nel suo libro è indicato anche-con precisione da scalpore- che l’epidemia sarebbe divampata all’improvviso, nel giro di poche settimane, e che si sarebbe vissuto dovunque un inverno di paura, ma che poi la temutissima pandemia si sarebbe dissolta all’improvviso in primavera, con i primi caldi, con la stessa celerità con cui era comparsa. E misteriosamente. Non ci sarebbe stato bisogno di alcun vaccino, perché la natura avrebbe fatto il suo corso da sola senza interventi umani. Il problema insomma si sarebbe risolto in tempi non troppo lunghi.
Lo stesso virus, però secondo la veggente americana, ritornerebbe nel 2030, sempre come oggi, per poi sparire per sempre dalla terra, nella confusione più totale del mondo della scienza.
Il buon esisto, quindi secondo Silvia Browne, ci sarebbe e il coronavirus non distruggerà il mondo. Speriamo, e crediamo essendo stata lei una delle più grandi veggenti contemporanee, che anche stavolta ci abbia visto giusto